La 
						sfida della modernità. 
						
						             
						L'inizio della modernità, sul piano economico, viene 
						normalmente associato all’importante incremento 
						dell'innovazione tecnologica che ha dato vita alla 
						seconda rivoluzione industriale, mentre, sul piano 
						culturale, si rileva il conseguente affermarsi della 
						razionalità in molti ambiti della vita umana. I 
						mutamenti sociali si fanno più rapidi e, diversamente da 
						ciò che si è portati a credere, vedono le loro origini 
						in contesti spazio-temporali lontani dai singoli 
						individui, che ne sono passivamente investiti. Si 
						assiste alla progressiva affermazione di soggetti 
						normativi istituzionali che determinano ex lege 
						la direzione dei comportamenti (pensiamo all’evoluzione 
						del diritto di famiglia od alla progressiva liberazione 
						della donna), ma accanto alle istituzioni si afferma un 
						altro tipo di agenzia normativa, che trova la sua ragion 
						d’essere nel sistema del cd. “libero mercato” che, a sua 
						volta, grazie alla potenza della pubblicità ed 
						all’esclusione od all’inclusione di determinati prodotti 
						nella vita quotidiana, determina il corso dei 
						comportamenti, influenzandone le scelte. 
						
						            
						Le piccole comunità perdono progressivamente l’autonomia 
						morale che le aveva fino ad allora contraddistinte a 
						scapito di usi e costumi etero-imposti, quali il consumo 
						di determinati cibi o l’adozione di tecniche e 
						tecnologie fino ad allora sconosciute o non vigenti. Ne 
						consegue una situazione di disagio e disorientamento per 
						l'individuo, che perde i punti di riferimento ai quali è 
						storicamente abituato. Alcuni autori sostengono che ciò 
						generi un'epoca successiva alla modernità, definita dal 
						dibattito sociologico in molti modi, tra cui 
						postmodernità. La sua caratteristica principale è il 
						venir meno dell'idea di progresso che aveva 
						accompagnato la modernità e il disvelarsi dei rischi 
						connessi a questa: si pensi, in tal senso alle 
						implicazioni del fenomeno della globalizzazione sia sul 
						piano sociale che ambientale. 
						
						            
						A questo proposito risulta illuminante il caso spagnolo 
						dell’olio di semi vari che, durante tutti gli anni ’70 
						del secolo scorso, ha interessato la quasi totalità dei 
						cittadini, spinti all’adozione di questo alimento, a 
						discapito dell’olio d’oliva, da un massiccio battage 
						pubblicitario che vedeva coinvolte in primo luogo le 
						istituzioni. A milioni di spagnoli fu inculcata la falsa 
						opinione che l’ uso dell’olio d’oliva potesse comportare 
						seri rischi per la salute, fosse poco indicato per la 
						frittura ed avesse un sapore che tendeva ad annullare 
						gli aromi dei cibi con i quali veniva a contatto. Spinti 
						da queste considerazioni, sostenute anche da eminenti 
						personalità del settore sanitario, gli spagnoli 
						adottarono un costume alimentare fino ad allora 
						misconosciuto, se non dichiaratamente avversato, 
						abbandonando l’uso dell’olio di oliva, specialmente 
						nelle aree urbane. Con il tempo vennero alla luce le 
						vere ragioni che si nascondevano dietro a questa vera e 
						propria operazione culturale, e nulla avevano a vedere 
						con l’igiene pubblica, essendo invece dettate da un mero 
						calcolo economico volto ad aumentare il più possibile la 
						quota di esportazione del prodotto, a detrimento del 
						mercato interno, con l’intento da parte dello stato, di 
						incrementare le entrate di valuta pregiata, assicurando 
						alle ditte straniere forniture di materia prima di buona 
						qualità a prezzi vantaggiosi. 
						
						            
						Di esempi come questo se ne contano a centinaia, 
						dall’uso forzato dei prodotti chimici in ogni ambito 
						della vita umana, all’incremento della rete autostradale 
						a detrimento di quella ferroviaria; dall’imposizione dei 
						vaccini, alle privatizzazioni forzate, tutti questi 
						mutamenti nella vita sociale, una volta svelata la loro 
						natura speculativa, hanno contribuito da una parte al 
						disincanto nei confronti del cd. “sviluppo”, dall’altra 
						alla crescita di una nuova coscienza del reale potere 
						decisionale detenuto dalle autonomie locali, fino alla 
						responsabilizzazione del singolo individuo di fronte ai 
						colossali problemi sociali, igienici e ambientali che 
						rappresentano la parte peggiore dell’eredità lasciataci 
						dalla condizione della modernità. 
						
						            
						Affrontata la “pars destruens” è più che 
						opportuno ricordare che se il sistema di produzione 
						moderno ha posto problemi gravissimi come il deperimento 
						ambientale o i mezzi di controllo di massa, tuttavia ha 
						portato in sé gli anticorpi necessari a superare quelle 
						stesse empasses, che tante volte sono state definite 
						insuperabili. La stessa evoluzione della tecnologia 
						applicata alla ricerca, ci rifornisce delle informazioni 
						e dei mezzi pratici che possono spesso fare la 
						differenza, come nel caso dell’avvelenamento da metalli 
						pesanti, come es. il mercurio, che, si è scoperto 
						recentemente, può essere eliminato dal corpo attraverso 
						una sostanza contenuta negli asparagi: il glutatione,
						mentre è in stato avanzato di sperimentazione l’uso 
						di microorganismi per la bonifica delle falde acquifere 
						inquinate da questo metallo. In questo esempio è 
						interessante notare con quanta forza il problema affondi 
						le sue radici nella cultura tutta moderna dello 
						“sviluppo”, e nella fede cieca nella tecnica ad esso 
						funzionale. Il disincanto seminato dal positivismo ha 
						talmente permeato la cultura moderna che termini come 
						“natura” “comunità locale” o, più semplicemente 
						“rispetto”, sono passati in secondo piano rispetto agli 
						obiettivi posti dallo “sviluppo” e dal “profitto” ai 
						quali sono stati fideisticamente associati i “prodotti 
						di sintesi” ed il c.d. “interesse nazionale”, in una 
						miscela esplosiva che ha determinato la completa rovina 
						di una miriade di comunità locali e dell’ambiente ad 
						esse circostante. Solo per rimanere nell’ambito della 
						produzione energetica, bastano i numeri che s’incontrano 
						prendendo in esame la costruzione della Diga delle 
						Tre Gole, alla quale sono state sacrificati 116 
						centri abitati e più di 1300 siti archeologici, 
						determinando il trasferimento coatto di circa 1,4 
						milioni di abitanti… e, come se non bastasse, le 
						autorità cinesi prevedono il trasferimento di almeno 
						altri quattro milioni di persone dalla zona delle Tre 
						Gole nel periodo 2008-2023. Sempre per restare in questo 
						ambito, avremmo poruto citare i milioni di morti della 
						filiera carbone-elettricità, o la distruzione di interi 
						ecosistemi durante la ricerca, l’estrazione e la 
						raffinazione degli idrocarburi.  
						
						            
						Ma, anche grazie al clamore suscitato da queste 
						disgraziate evenienze, il disincanto ha portato con sé i 
						germi di una nuova cultura, post-moderna per l’appunto, 
						che guarda alla scienza ed alla tecnologia senza nessuna 
						reverenza, mentre considera lo “sviluppo” più rispetto 
						ai suoi limiti che alle sue opportunità. Anche 
						l’atteggiamento degli scienziati oggi dirige la sua 
						attenzione verso traguardi che possano essere raggiunti 
						senza uscire dal solco tracciato dalla natura, 
						attraverso le sue leggi, che sono il frutto di miliardi 
						di anni di evoluzione: come nel caso dell’inquinamento 
						da mercurio si stanno testando ceppi batterici già 
						presenti in alcuni ecosistemi – e quindi NON 
						geneticamente modificati –, così in altri settori la 
						tecnologia tende a disporsi a servizio della 
						natura e non viceversa.  
						
						            
						E’ stata la modernità stessa a permettere che questo 
						accadesse, attraverso la tanto deprecata globalizzazione 
						commerciale e l’incremento dei mezzi di comunicazione 
						interpersonale, che hanno permesso la nascita di una 
						rete attraverso la quale la comunità locale accede ai 
						mezzi per pensare ad una propria riorganizzazione, 
						omologa a quella di molte altre, ognuna delle quali 
						applica un modello, aggiungendovi delle correzioni o dei 
						miglioramenti, pronti per essere replicati altrove. Il 
						trattamento dei rifiuti ne è esempio classico: ogni 
						comune può ottenere in poche ore tutti i dettagli del 
						servizio di raccolta adottato da un altro comune, per 
						adattarlo alle proprie esigenze, con la reale 
						possibilità di migliorarne il modello, che a sua volta 
						può essere oggetto di studio da parte di un altro ente 
						locale e così via. Si tratta di un modello cibernetico 
						che offre al sistema una concreta possibilità di 
						auto-regolarsi, correggendo gli scompensi di natura 
						economica che rischiano di portarlo al tracollo. 
						
						            
						Vista in questi termini, la questione mette in luce un 
						aspetto ovvio dell’economia dei grandi sistemi, che la 
						cultura della modernità aveva colpevolmente trascurato: 
						l’importanza della somma dei 
						comportamenti, nella nascita o nella soluzione 
						dei problemi sistemici. Per intenderci: il Mar Ionio non 
						è inquinato solo dall’ILVA, ma soprattutto dagli 
						scarichi dei comuni, sia costieri, che dell’entroterra, 
						che riversano annualmente in mare moli esorbitanti di 
						ogni tipo di inquinante, dai composti dell’azoto ai 
						metalli pesanti. Ogni cittadino è infatti 
						corresponsabile del degrado delle acque, e se la 
						diminuzione di inquinanti derivati dalla lavorazione 
						degli acciai può essere raggiunta attaverso un’azione 
						centralista – un decreto-legge o una legge regionale – 
						altrettanto non si può dire per i comportamenti 
						individuali, nella cui correzione un ruolo importante 
						spetta ai comuni, attraverso l’adozione di efficaci 
						sistemi di raccolta e smaltimento dei rifiuti e di 
						depurazione delle acque. Spetta ai comuni fissare e 
						controllare l’efficienza energetica degli edifici, come 
						spetta ad essi la cura del patrimonio ambientale locale 
						e la cura dell’igiene pubblica. Un amministratore locale 
						che avverta l’inderogabilità di determinate sfide e 
						tenti seriamente di porvi rimedio, diventa egli stesso 
						un modello, che, grazie al vantaggio cibernetico offerto 
						dai mezzi di comunicazione interpersonale, permette, 
						anzi, facilita la replicabilità ed il miglioramento di 
						quel modello. L’azione a macchia di leopardo che ne 
						deriva, occupa strategicamente i nodi ed i sotto-nodi 
						della rete di comunicazione espandendosi come una 
						coltura batterica.  
						
						            
						Questo controllo cibernetico, che permette al sistema di 
						non collassare, ha bisogno però di compiere almeno tre 
						passi necessari, senza dei quali non può funzionare: 
						
							- 
							
							Creazione di un modello (es. un orto comunale)
 
							- 
							Messa in 
							rete dell’informazione (pubblicazione sul web, 
							stampa cartacea, visite guidate ecc.)
 
							- 
							
							Miglioramento del modello (es. orto comunale per 
							anziani)
 
						 
						
						            
						Chiunque applichi o affini un comportamento virtuoso, si 
						tratti di inventare la fusione fredda o aprire un orto 
						comunale frequentato da anziani, ha compiuto solo una 
						scelta tra le tante, avrebbe anche potuto promuovere la 
						costruzione di un casinò, ma si è confrontato con le 
						sfide poste dalla modernità – ineludibili peraltro – ed 
						ha operato una scelta personale. Così la “morale 
						locale”, lungi dall’essere stata soffocata dalle leggi e 
						dal mercato, rinasce in forma più evoluta, diventa 
						morale personale, e, grazie agli strumenti forniti dalla 
						modernità, diventa inter-personale.  
						
						            
						E’ inutile dire che anche in questi casi più abitanti 
						vengono coinvolti, maggiori saranno le possibilità di 
						radicamento di un comportamento localmente eletto e 
						condiviso. In ciò risulta fondamentale l’azione di ogni 
						tipo di aggregazioni locali – parrocchie, curie, comuni, 
						provincie, comunità montane, associazioni di comuni, 
						sindacati, club sportivi ed associazioni varie -. Ognuna 
						di esse, dotata di una sorta di potestà morale e, 
						dunque, esemplare per qualsiasi aggregazione 
						locale, affine o meno, in tutto il pianeta. E tanto per 
						tornare all’amministratore locale: non solo gli è 
						possibile convertire il territorio amministrato in un 
						elemento virtuoso del sistema, ma ha acquisito il potere 
						di intervenire a livelli imponderabili, usando solo gli 
						strumenti dell’ordinaria amministrazione. Il secondo 
						passo si compie senza che ciò comporti un impegno 
						propagandistico fuori dalla norma: basta pubblicare i 
						risultati ottenuti sulla pagina web del comune, 
						segnalarli su un blog od un social network o permettere 
						delle visite guidate.  
						
						
						 L’importanza di essere chiari 
						
						             
						La prima regola della comunicazione é: comunica. Se il 
						messaggio non arriva hai fallito. Proporre un modello di 
						comportamento non è una cosa da prendere alla leggera ed 
						anche se è fondamentale, la buona volontà non è 
						sufficiente, e neppure basta essere riusciti a creare 
						qualcosa di utile o di originale. Perché si attivi il 
						meccanismo cibernetico c’è bisogno che qualcuno 
						capisca cosa si sta facendo e come. 
						Bisogna quindi trovare il modo di far passare queste 
						informazioni, questo spazio serve proprio a questo. Si 
						rivolge ai visitatori di lingua italiana, con l’intento 
						ben preciso di divulgare (se non di 
						volgarizzare) determinate soluzioni utili a 
						permettere alla razza umana di compiere 
						quell’improrogabile salto evolutivo che 
						permetterebbe alla razza umana di ritrovare un 
						equilibrio perduto e continuare perlomeno ad esistere. 
						
						            
						Per fare ciò, c’è bisogno di tarare il livello della 
						comunicazione su una frequenza universale, compito non 
						da poco, considerati i limiti imposti dalla difficoltà 
						di trattare materie, come quella inerente alle medicine 
						naturali od alla produzione energetica, che invece 
						richiedono spesso un linguaggio specifico e specifiche 
						nozioni. 
						
						            
						Non è tuttavia un compito impossibile e, con un po di 
						umiltà, e tanta buona volontà mi accingo a farlo, nella 
						speranza di aggiungere alla rete un posto dove è 
						possibile trovare qualcosa che incuriosisca e stimoli i 
						talenti di altri esseri umani, contribuendo alla 
						formazione di un contesto culturale (e morale) ben 
						preciso entro il quale disegnare la struttura dei tempi 
						a venire. 
						
						  
						
						
						                                                                                                          
						Luigi Vittori 
						  
						
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